Vento a Tindari (Salvatore Quasimodo)

Tindari, mite ti so 
Fra larghi colli pensile sull’acque 
Delle isole dolci del dio, 
oggi m’assali 
e ti chini in cuore. 
Salgo vertici aerei precipizi, 
assorto al vento dei pini, 
e la brigata che lieve m’accompagna 
s’allontana nell’aria, 
onda di suoni e amore, 
e tu mi prendi 
da cui male mi trassi 
e paure d’ombre e di silenzi, 
rifugi di dolcezze un tempo assidue 
e morte d’anima 
A te ignota è la terra 
Ove ogni giorno affondo 
E segrete sillabe nutro: 
altra luce ti sfoglia sopra i vetri 
nella veste notturna, 
e gioia non mia riposa 
sul tuo grembo. 
Aspro è l’esilio, 
e la ricerca che chiudevo in te 
d’armonia oggi si muta 
in ansia precoce di morire; 
e ogni amore è schermo alla tristezza, 
tacito passo al buio 
dove mi hai posto 
amaro pane a rompere. 
Tindari serena torna; 
soave amico mi desta 
che mi sporga nel cielo da una rupe 
e io fingo timore a chi non sa 
che vento profondo m’ha cercato. 
 
(Recitata da Antonazzo Francesco) 

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