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“Scoppia il temporale” di A. Palazzeschi (0 Commenti, scrivi tu)

S’è scatenato il temporale
nel fresco giorno di Aprile.
Dal tuono e dall’oscurità
parve inghittita la terra
in un istante.
Ma dopo tanto buio e
spaventoso rumore,
dopo uno scroscio
violento e salutare
coi profumi della terra
è tornata la luce
e nella purezza dell’aria rifulge
vivissimo il sole.

(Letta da Salpio, Francesco, Orlando, Giovanna - classe 4^ A - II Circolo “Don Bosco” - Cardito (NA)

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Armonia di me (0 Commenti, scrivi tu)

Sento il respiro
del vento
che è in me…
Scava
si espande
mi riempie
rotola giù
alla fine
del mio essere
e come l’onda
s’infrange e
schiuma.

Possente e vittorioso
ripercorre
il suo cammino
per invadermi
e fluire
e poi rifluire
e ancora…
ancora…
ancora…
ancora…
Armonia di me.

(Scritta da Angela, finalmente oggi 26/6/2007)

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La Poesia combatte col Rasoio (Domenico di Giovanni, chiamato il Burchiello) (0 Commenti, scrivi tu)

La Poesia combatte col Rasoio,
E spesso hanno per me di gran quistioni;
Ella dicendo a lui, per che cagioni
Mi cavi il mio Burchiel dello Scrittoio?

E lui ringhiera fa del colatoio,
E va in bigoncia a dir le sue ragioni;
E comincia: Io ti prego mi perdoni
Donna, s’alquanto nel parlar ti noio.

S’i’ non fuss’io, e l’acqua, e ‘l ranno caldo,
Burchiel si rimarrebbe in sul colore
D’un moccolin di cera di smeraldo:

Ed ella a lui: Tu sei in grand’errore,
D’un tal disio porta il suo petto caldo,
Ch’egli non ha ‘n sì vil bassezza il cuore:

Ed io: Non più romore,
Che non ci corra la secchia, e ‘l bacino;
Ma chi meglio mi vuol, mi paghi il vino.

Recitata da Giulio Cappa

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Nominativi fritti e mappamondi (Domenico di Giovanni, chiamato il Burchiello) (0 Commenti, scrivi tu)

Nominativi fritti, e Mappamondi,
E l’Arca di Noè fra due colonne
Cantavan tutti Chirieleisonne
Per l’influenza de’ taglier mal tondi.

La Luna mi dicea: che non rispondi?
E io risposi; io temo di Giansonne,
Però ch’i’ odo, che ‘l Diaquilonne
È buona cosa a fare i capei biondi.

Per questo le Testuggini, e i Tartufi
M’hanno posto l’assedio alle calcagne,
Dicendo, noi vogliam, che tu ti stufi.

E questo fanno tutte le castagne,
Pe i caldi d’oggi son sì grassi i gufi,
Ch’ognun non vuol mostrar le sue magagne.

E vidi le lasagne
Andare a Prato a vedere il Sudario,
E ciascuna portava l’inventario.

Recitata da Giulio Cappa

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Ciclone in Toscana (Ernesto Ragazzoni) (0 Commenti, scrivi tu)

… e lieve lieve
cade la neve
sull’alta pieve
di Pontassieve
e il tetto breve
che ne riceve
piú che non deve
si fa piú greve
sempre piú greve
ahi troppo greve
e cade in breve
non piú la neve
sovra la pieve
sibben la pieve
sovra la neve
che cade lieve
sull’alta pieve
di Pontassieve
e il tetto breve
che ne riceve
piú che non deve
si fa piú greve
sempre piú greve
ahi troppo greve
e cade in breve
non piú la neve
sovra la pieve
sibben la pieve
sovra la neve
che cade lieve
sull’alta pieve
di Pontassieve
e il tetto breve.

(Recitata da Giulio Cappa)

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I dolori del giovane Werther (Ernesto Ragazzoni) (0 Commenti, scrivi tu)

Il giovane Werther amava Carlotta
e già della cosa fu grande sussurro.
Sapete in che modo si prese la cotta?
La vide una volta spartir pane e burro.

Ma aveva marito Carlotta, ed in fondo
un uomo era Werther dabbene e corretto;
e mai non avrebbe (per quanto c’è al mondo)
voluto a Carlotta mancar di rispetto.

Cosí, maledisse la porca sua stella;
strillò che bersaglio di guai era, e centro;
e un giorno si fece saltar le cervella,
con tutte le storie che c’erano dentro.

Lo vide Carlotta che caldo era ancora,
si terse una stilla dal bell’occhio azzurro;
e poi, vòlta a casa (da brava signora),
riprese a spalmare sul pane il suo burro.

(Recitata da Giulio Cappa)

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Laude dei pacifici lapponi e dell’olio di merluzzo (Ernesto Ragazzoni) (0 Commenti, scrivi tu)

Ben tappati dentro i poveri
ma fidati lor ricoveri,
mentre lento sui tizzoni
cuoce il lor desinaruzzo
i pacifici lapponi
bevon l’olio di merluzzo.

Fuori, il vento piglia a schiaffi
quattro o cinque abeti squallidi:
gli orsi bianchi sono pallidi
pel gran freddo e si dan graffi
l’un con l’altro per distrarsi…
Oh! bisogna ricordarsi
che omai nevica da mesi;
fiumi e rivi presi al laccio
dell’inverno son di ghiaccio
(e che ghiaccio! perché il ghiaccio
è assai freddo in quei paesi);
ma che importa lor? ghiottoni
dallo stomaco di struzzo
i pacifici lapponi
bevon l’olio di merluzzo.

E son là, raccolti, stretti,
padre, madre, zii, bambini
(battezziamoli lappini
i lapponi pargoletti?),
e poi c’è la nonna, il nonno,
qualche amico dei vicini;
ciascun preso un po’ dal sonno
perché ha l’epa troppo piena
già di grasso di balena;
pure a nuove imbandigioni
ogni dente torna aguzzo,
e i pacifici lapponi
bevon l’olio di merluzzo.

Beatissimi! fra poco
tutti quanti russeranno
in catasta a torno al fuoco,
poi doman si leveranno,
torneranno alla stess’opra,
mangeranno e riberranno
il buon olio di cui sopra,
e cosí per tutto l’anno,
sempre….. fin che moriranno.

Cosí svolgesi la loro
vita, piana e senza scosse,
senza mai quell’ansia d’oro
che noi muta in pelli-rosse;
senza il fiel, senza la bile
necessari all’uom civile…..
Ho da dirvelo? una smania
prepotente mi dilania,
ed invan da piú stagioni
in me dentro la rintuzzo:…..
vo in Lapponia tra i lapponi
a ber l’olio di merluzzo!

(Recitata da Giulio Cappa)

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La Partenza del Crociato (Giovanni Visconti Venosta) (0 Commenti, scrivi tu)

Passa un giorno, passa l’altro
mai non torna il prode Anselmo,
perchè egli era molto scaltro
andò in guerra e mise l’elmo…

Mise l’elmo sulla testa
per non farsi troppo mal
e partì la lancia in resta
a cavallo d’un caval.

La sua bella che abbracciollo
diede un bacio e disse: “va!”
e poneagli ad armacollo
la fiaschetta del mistrà

Poi donatogli un anello
sacro pegno di sua fe’,
gli metteva nel fardello
fin le pezze per i piè.

Fu alle nove di mattina
che l’Anselmo uscia bel, bel,
per andare in Palestina
a conquidere l’Avel.

Nè per vie ferrate andava
come in oggi col vapor,
a quei tempi si ferrava
non la via ma il viaggiator.

La cravatta in fer battuto
e in ottone avea il gilè,
ei viaggiava, è ver, seduto
ma il cavallo andava a piè

Da quel dì non fe’ che andare,
andar sempre, andare, andar…
quando a pie’ d’un casolare
vide un lago, ed era il mar!

Sospettollo… e impensierito
saviamente si fermò.
Poi chinossi, e con un dito
a buon conto l’assaggiò.

Come fu sul bastimento,
ben gli venne il mal di mar
ma l’Anselmo in un momento
mise fuori il desinar.

Il Sultano in tal frangente
mandò il palo ad aguzzar,
ma l’Anselmo previdente
fin le brache avea d’acciar.

Pipe, sciabole, tappeti,
mezze lune, jatagan,
odalische, minareti,
già imballati avea il Sultan.

Quando presso ai Salamini
sete ria incominciò,
e l’Anselmo coi più fini
prese l’elmo, e a bere andò.

Ma nell’elmo, il crederete ?
c’era in fondo un forellin
e in tre dì morì di sete
senza accorgersi il tapin.

Passa un giorno, passa l’altro,
mai non torna il guerrier,
perch’gli era molto scaltro
andò in guerra col cimier.

Col cimiero sulla testa,
ma sul fondo non guardò
e così gli avvenne questa
che mai più non ritornò.

(Recitata da Giulio Cappa)

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Una nave che salpa dal porto (Piero COCCOLUTO FERRIGNI Yorick) (0 Commenti, scrivi tu)

Una nave che salpa dal porto
saltellando con passo scozzese
è lo stesso che prendere un morto
per pagarlo alla fine del mese.
Salto di Socrate,
bacio di Giuda,
la donna è nuda,
Waterloò.

(Recitata da Giulio Cappa)

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Mistero (Piero COCCOLUTO FERRIGNI-Yorick) (0 Commenti, scrivi tu)

Quando talor frattanto,
forse, sebben così,
giammai piuttosto alquanto
come perché bensì?

Ecco repente altronde,
quasi eziandio perciò,
anzi, altresì laonde
purtroppo invan; però…

Ma se per fin mediante,
quantunque attesoché,
ahi! sempre nonostante,
conciossiacosaché.

(Letta da Giulio Cappa)

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